23 novembre 2013

Stormo di uccelli
come il cuore del cielo
aria di neve

13 settembre 2013

Un cirro bianco
come panna tra i lampi
nel cielo scuro

5 settembre 2013

Da giorni e giorni
respiro con il mare
fiato sul viso

21 giugno 2013

Bella la luna.
Manco si accorge di noi
lì in cima al cielo

20 giugno 2013

La luna muove
verso la sua pienezza
salda nel cielo

25 aprile 2013

Sotto il glicine
respiro il suo profumo
il fiume scorre

7 febbraio 2013

Nuvole intorno
lungo la strada bianca
canta il passero.

19 gennaio 2013

E' attesa neve.
Il cielo senza nubi
sorride di noi

15 gennaio 2013

Dentro la nebbia
trasparenze del mondo.
Voci lontane

9 gennaio 2013

Una spada speciale


Il primo dubbio gli venne una sera quando, tornato a casa, percepì nella sua camera da letto qualcosa di stonato. Tutto era apparentemente in ordine, ma un ordine diverso dal solito. Ci mise un po’ a rendersene conto, preso come era dall’osservare il letto basso e la libreria straripante di volumi. Alla fine l’attenzione cadde sulla spada, appesa al muro su un sostegno di legno.
La Katana luccicava sotto i raggi della lampada, come sempre. L’unica anomalìa era che la punta dava a sinistra, mentre era convinto di averla appoggiata nell’altro senso. Del resto, come ben sapeva, la punta della katana doveva sempre andare a destra. “Forse l’ultima volta che l’ho usata, l’ho posata senza farci caso”, pensò. E girò la spada sul sostegno con la punta verso destra.
Il dubbio diventò certezza un paio di giorni dopo, quando tornato a casa trovò la katana con la punta a sinistra. Era sicuro di non averla toccata negli ultimi giorni, né aveva ospitato nessuno che potesse, magari per scherzo, aver girato la spada.
Telefonò anche alla signora che andava a pulire la casa una volta alla settimana. Era venuta il giorno prima, ma non aveva notato nulla di strano né tantomeno toccato la spada: “Si figuri che mi fa paura solo a vederla; me ne tengo lontana, come se potesse tagliarmi da un momento all’altro”, gli aveva spiegato la donna.
Chi era stato allora a muovere la spada? Si sforzò di ricordare se qualche amico era venuto a trovarlo all’improvviso, ma non ne ricordò uno. Del resto non lo avrebbe portato in camera da letto, né lasciato da solo il tempo necessario per fargli girare la katana.
Donne, meno che meno. L’ultima ospitata nella camera da letto risaliva a più di un mese prima. Ricordava bene come avesse guardato più volte la spada con timore e un po’  di preoccupazione, osservando da lontano la lama e poi il suo volto, quasi a volere trovare una corrispondenza tra l’ arma appesa al muro e quanto riusciva a leggere negli occhi del proprietario. Si era anche convinto che la spada era uno dei motivi per cui la donna non era più tornata.
Arrivò persino a immaginare una sorta di sonnambulismo che lo prendeva nel cuore della notte costringendolo ad alzarsi e impugnare la katana, magari dando colpi a destra e manca prima di riporla sul sostegno e tornare nel letto. Ma l’idea del samurai sonnambulo  proprio non lo convinceva.
Avrebbe voluto parlarne al sensei, ma non se la sentiva. “Mi prenderà per pazzo”, pensava, “una spada che si muove da sola! Magari funziona nel teatro kabuki, ma nella realtà di tutti i giorni proprio no”.
Eppure una sera, quando verso la fine della lezione di iaido il sensei rispondeva alle domande degli allievi, si fece coraggio e la prese alla larga: “E’ vero che i samurai credevano che le spade avessero un’anima?”.
“Certo”, rispose il sensei, “ collegata sia al maestro che l’aveva forgiata, sia agli accadimenti dei loro proprietari. Credevano ad esempio che alcune fossero spade cattive, altre spade buone. Fa parte della cultura shintoista del Giappone, ma credo anche della attenzione che i giapponesi hanno nei confronti degli altri. Pensare alla spada come dotata di un’anima vuol dire immaginarla non solo come uno strumento da utilizzare quando se ne ha voglia o bisogno, ma anche come una cosa autonoma, che vive indipendentemente da noi. Rispettare la spada come se avesse un’anima vuol dire smettere di pensare allo iaido solo come a una nostra proiezione, ma considerarlo una realtà che viene da molto lontano e continuerà ad essere quando noi non ci saremo più. Non siamo noi a praticare lo iaido, è lo iaido che con il passare del tempo entra dentro di noi. Alla fine una spada con l’anima è la migliore per aiutarci a tagliare il proprio ego”.
Era un bel discorso, indubbiamente. Ma cosa c’entrava con la spada che si spostava da sola? Continuò a chiederselo, mentre tornava a casa, e anche nei giorni successivi. La spada non si muoveva più. La osservava spesso con grande attenzione e un pizzico di disagio. Non dava segni di vita, stava lì, inanimata.
Il sogno di una notte gli spalancò una nuova dimensione. Era nel suo letto che dormiva, nella sua camera, disteso sotto le coperte, quando nella penombra un movimento dava il via al tutto. All’improvviso la lampada si illuminava riempendo la stanza di una luce abbagliante. Lì, davanti al letto, la spada immobile nell’aria luccicava in tutto il suo splendore. Poi, con una lentezza carica di energia, cominciava a danzare con tagli di ogni tipo, forti e saldi come mai ne aveva visti, segnati da sibili potenti e silenzi assoluti. Poi, alla fine, la spada si voltava verso di lui, come a parlargli: “Hai visto di cosa sono capace, stupido? Perché ti ostini a cercare di farmi fare quello che non sei capace, chiuso e rigido come un baccalà? Perché non ti affidi a me? Lasciati andare, riconosci il mio potere, la mia anima. Se lo farai con spirito calmo e puro, insieme alla mia anima conoscerai anche la tua. Perché l’anima, ricordalo, è una sola, non appartiene a nessuno. Tutti apparteniamo a lei”.
Da quella mattina cambiò tutto. Puliva la sua spada meticolosamente, spesso le accarezzava la tsuka, talvolta le parlava. La impugnava con una delicatezza salda, quasi fosse una sorella, e non faceva più iaido da solo, ma con lei. La disciplina ne beneficiò. E la sera, quando prima di addormentarsi la salutava, stava ad osservare il luccichìo della lama sotto la luce della lampada. Talvolta il bagliore sembrava disegnare sull’acciaio un sorriso.